17 maggio 2021

IL CINEMA A SCUOLA LA FIABA DI GLASSBOY. I ragazzi dell’I.C. “Battisti-Giovanni XXIII” intervistano Samuele Rossi.

 In occasione del progetto “Festival del Cinema europeo” , abbiamo avuto modo di assaporare una fiaba fatta da e per i ragazzi, ideata e realizzata dal regista Samuele Rossi, un ragazzo di 36 anni, nato il 29 ottobre 1984 a Lucca. Occhi e capelli castani leggermente lunghi, bell’aspetto, sorriso travolgente, sguardo intenso, così si è presentato nel dibattito che è seguito al film. L’atteggiamento degno di un giovane regista, sicuro di sé, con le idee chiare: in questo film ha voluto rappresentare sentimenti quali l’amore, la paura, il coraggio di affrontare le avversità della vita quotidiana. 

I ragazzi dell’I.C. “Battisti-Giovanni XXIII”, dopo la visione del film, hanno intervistato il regista rivolgendogli alcune domande.




 Qual è, nel film, la sua scena preferita? 

«La scena in cui Mavi e Pino sono sul letto, di notte, e Mavi gli confida il suo passato parlando della perdita della madre; a questo punto i due ragazzi si prendono per mano e il soffitto si apre, la stanza scompare e iniziano a galleggiare in una notte stellata; un momento diverso, fiabesco (sottolinea), che mostra ciò che solo i ragazzi riescono a fare: proiettarsi dalla realtà in un mondo fantastico. I produttori (qui si passa le mani tra i capelli) avevano un po’ di perplessità ma ho voluto fortemente questa scena perché era il mio omaggio, la mia lettera d’amore all’infanzia.» 

Gli attori del film sono stati capaci di interpretarlo subito come lei voleva o ci sono volute molte prove per la buona riuscita delle scene?

 «Sì (risponde sorridendo), sono stati tutti all’altezza del ruolo. Il lavoro del regista è lungo e complesso, li ho scelti perché avevo visto in loro, sia adulti che bambini, qualcosa di importante; con alcuni è stato più semplice, con altri più difficile, ad esempio il personaggio della mamma, che era “in mezzo”, in bilico tra la nonna e Pino. Un personaggio, all’inizio molto confuso, che doveva crescere ed esprimere emozioni complesse, che hanno reso il lavoro più complicato.» 

Ci sarà una continuazione del film, i bulli e gli Snerd potranno diventare amici o rimarranno “amici-nemici”? 

«Rimarranno sempre nella dinamica “amicinemici”, però l’avventura che hanno vissuto li ha avvicinati.»

 Ci sono elementi caratteriali che l’accomunano al protagonista? 

«Siete più bravi dei giornalisti che mi hanno fatto domande in passato (dice con voce divertita). Sì, sicuramente ci sono, credo di aver raccontato le mie timidezze, non ho vissuto il dramma di una malattia, fortunatamente, ma le fragilità sono tante, per esempio a dodici anni balbettavo; era un problema legato alla mia timidezza, all’ansia del rapporto con gli altri, un limite che ormai ho superato. Penso di aver raccontato nella storia di Pino il desiderio che avevo da ragazzo, di sentirmi parte di un gruppo di amici, alla pari degli altri; tutti a quell’età ci sentiamo un po’ inferiori. Nel film c’è una diversità di tipo fisico (la malattia), la sfida per tutti noi è affrontare le nostre paure.» 

E’ stata una bellissima esperienza intervistare il regista di Glassboy, un film che ci ha fatto viaggiare tra realtà e magia, un film girato con gli occhi e i sentimenti di un ragazzo, con le sue paure, le sue incertezze legate all’infanzia, sentimenti che noi adolescenti viviamo quotidianamente; un film che con un pizzico di magia proietta i nostri sogni nella realtà.

 Gloria Ribatti Classe 2 A  

Scuola secondaria di I grado “Giovanni XXIII” A.S. 2020-2021

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